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Da vedere a Stroncone

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    Abbazia S. Benedetto in Fundis

    L’abbazia di S. Benedetto in fundis si erge nelle vicinanze dei centri storici di Stroncone e Miranda. La struttura, ormai in rovina, si colloca tra il versante settentrionale del Monte Rotondo e il monte Terminuto, ad un livello di 633 m. s.l.m., in prossimità di una piccola fonte e a valle di una sorgente più nota denominata "Acqua del Carpino".

    La data della fondazione dell’abbazia non è nota, sebbene siano stati approntati in merito molti studi. Il primo ad occuparsi della storia di S. Benedetto in fundis fu lo Jacobilli, il quale nel 1661 menziona rapidamente il monastero e fissa la data della sua fondazione nel 1203, senza citare la fonte e facendo incorrere nello stesso errore anche il p. Lubin alcuni anni dopo.

    Nel XX sec. Teodoro Costanzi, avvocato ed erudito stronconese, in una sua opera dedicata alla storia della città, riconobbe, in un documento desunto dal Regesto Farfense e datato 771, la carta della fondazione del sito monastico. In essa si leggeva che il re longobardo Desiderio concedeva all’abate di Farfa alcune terre site in Narnate, che il figlio Adelchi aveva donato, insieme ad altri possedimenti, alla madre con l’impegno di fondarvi un monastero sotto la regola benedettina. In realtà l’autore interpretò il termine "Narnate" come territorio narnese, mentre il territorio Narnate comprendeva luoghi siti nei pressi di Leonessa, nella diocesi di Rieti. Le ipotesi del Costanzi vennero riprese anche da Luigi Lanzi, erudito suo conterraneo, attraverso un saggio.

    Solo l’analisi delle strutture murarie e della tipologia della pianta della chiesa ha consentito la formulazione di ipotesi più attendibili e vicine alla realtà, poiché la fonte più antica relativa con certezza al monastero riguarda la lapide posta sulla facciata della chiesa di S. Nicolò datata 1181. La lapide, che attesta la donazione della chiesa stessa da parte della comunità di Stroncone all’abbazia di S. Benedetto in fundis, smentisce definitivamente la datazione proposta dallo Jacobilli.

    Bruno Napoli, analizzando la struttura del sito benedettino, costituito da monastero e chiesa a pianta basilicale a tre navate con absidi contrapposte, fa risalire la fondazione ai secoli IX-X.

    L’abbazia benedettina, rientrando nel novero dei monasteri vescovili, fa senza dubbio parte di uno di quei insediamenti che sorsero in numero elevato nell’Italia altomedioevale nelle prossimità di centri urbani, favoriti dalle particolari condizioni ambientali.

    Abside Abbazia di  S. Benedetto La primitiva comunità che diede origine all’insediamento religioso proveniva con molta probabilità da territori limitrofi, in quanto nell’Umbra meridionale non esistevano nel periodo dell’alto Medioevo realtà monastiche che potessero permettersi migrazioni di religiosi. Una ipotesi valutabile potrebbe essere la vicinanza dell’abbazia farfense, dalla quale nel IX sec., a causa dell’invasione saracena, fuggirono numerosi monaci cercando protezione nei territori di Roma, Rieti e Fermo. Non è da escludere pertanto che alcuni religiosi farfensi in tale occasione abbiano deciso di fondare alle pendici del monte Terminuto un nuovo monastero, dotandolo di mura perimetrali di difesa riprendendo dalla chiesa di Farfa la tipica struttura a pianta basilicale con due absidi contrapposte.

    Le condizioni attuali del monastero non ci consentono di descrivere l’interno dell’abbazia così come era ai tempi del suo antico splendore. Alcune testimonianze le possiamo ricavare da un inventario redatto dal notaio Giuliano Panfili di Narni nel 1728. In esso si legge che la badia aveva "…un solo altare a capo della navata di mezzo con una sua pietra consacrata, col quadro grande in tela alto palmi dieci, largo palmi sei con cornice di legno di color nero ed altri colori, rappresentante S. Benedetto, la Madonna col bambino ed un Angelo che tiene la mitra e da piedi della mano destra l’arma di Monsignor Piccolomin. Ai pié di detta chiesa vi è un sito ovato ad uso di coro con sotto una stanza sotterranea nella quale si scende per una porticella che è ai pié della chiesa nella quale si trovano: nell’altare, candelieri, tovaglie, calici, coppe, corporali, messali, pianete, ampolle ecc. Vi è la sacrestia che sta a destra dell’altare dentro la quale vi è una tavola di pietra per servizio dei sacerdoti che vi celebrano. In detta chiesa vi è il campanile con dentro una campana di metallo di altezza pollici 3 e mezzo e largheza pollici due e mezzo con tre giri di lettere gotiche".

    Alla fine del secolo XIX Luigi Lanzi riportò, nel suo saggio sul monastero benedettino, una dettagliata descrizione della chiesa: "il coro di sinistra… conserva più dell’altra l’antico tipo; è scarsamente illuminato da tre anguste e lunghe finestrine arcuate… la chiesa è in travertino, barbaramente poi intonacato ed imbiancato; vi si osserva la sedia dell’abate, nonché il basamento del piccolo altare che era sostenuto da quattro colonnine di marmo, qualche frammento delle quali è sparso per la chiesa. Descesi i primi gradini del presbiterio dalla parte dell’epistola, si penetra nella critta, che costruzioni posteriori, eseguite per sostegno della fabbrica soprastante, hanno resa angustissima. Si taluno dei larghi pilastri della chiesa compariscono traccie di antiche pitture, ricoperte dal pennello dell’imbianchino. Una sola n è conservata quasi difronte all’ingresso; può ritenersi opera del secolo XV, non priva di qualche interesse e rappresenta l’Annunciazione della Vergine, S. Benedetto e, secondo lo stile dell’eopoca, v’è riprodotto il piccolo ritratto del monaco che fece eseguire quel dipinto, in atto di preghiera… Oltre a ciò non v’è più lapide, pittura, memoria od ornamento di sorta, se si eccettua il frammento di una cornice elegantissima in marmo bianco, giacente tra rottami di cui è sparso il rozzo selciato della chiesa".

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    Chiesa di San Michele Arcangelo

    La chiesa è menzionata in un documento del Regesto Farfense di Gregorio da Catino sotto l'anno 1012 come oratorio di S. Angelo. Dedicata a san Michele Arcangelo patrono di Stroncone, a seguito di interventi avvenuti in tempi diversi, ha assunto l'aspetto di una chiesa del '600. E' a pianta basilicale a tre navate, ha il fonte battesimale ed è chiesa matrice.
    Il culto, molto antico, per l'Arcangelo Michele è sicuramente da collegare a quello micaelico del Gargano diffuso a Stroncone, come in altri luoghi vicini, molto probabilmente dai Longobardi del Ducato di Spoleto.
    La posizione stessa della chiesa situata in luogo aspro ed elevato, un tempo ricoperto da rigogliosa vegetazione, ancora oggi in parte esistente seppure di tipo diverso, potrebbe essere testimonianza di quanto affermato. Non è da escludere altresì la presenza, in origine, di una grotta ma le modificazioni del sito e della chiesa nei secoli hanno cancellato quegli elementi che avrebbero potuto suffragare tale ipotesi.
    Insieme all'oratorio di S.Giovanni Decollato è la chiesa più bella e finemente decorata della terra di Stroncone; conserva, all'interno, pregevoli opere d'arte.
     

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    Convento di San Francesco

    E’ situato poco fuori le mura della città, tra oliveti e boschi, in un luogo che domina la vallata circostante. La tradizione vuole che il convento sia stato fondato dal poverello d’Assisi nel 1213, nel corso di una sua visita a Stroncone, nello stesso posto in cui esisteva una piccola edicola della Madonna cui il popolo era molto devoto. Altri sostengono, invece, che il convento sorse subito dopo la morte di S. Francesco. In ogni caso la sua costruzione è saldamente ancorata al XIII secolo, di cui conserva lo stile umile e arioso. Il 5 giugno 1291 il pontefice Nicolò IV, con breve dato da Orvieto, concesse una indulgenza plenaria a chi visitava la chiesa e papa Pio II alloggiò nel convento intorno all’anno 1460, lasciandone traccia nei suoi scritti. All’inizio il convento era dedicato alla Madonna Assunta e solo nel 1550 prese il nome del Santo di Assisi.

    La chiesa del Monastero, anche se modificata nel corso dei secoli, è un angolo tra i più suggestivi di vita francescana e anche questa si vuole fondata nel 1213 quando il Santo era ancora in vita. Si tratta questa di una ipotesi che trova sostegno nel quadro della Santissima Concezione nel quale Francesco appare con l’abito che indossava nei primi tempi della Regola (approvata verbalmente da Papa Innocenzo III nel 1210). Che il monastero e la chiesa esistessero da tempo lo afferma anche il Beato Bartolomeo Pisano, il quale nel 1300 scriveva che "locus Stronconii habuit semper fratres devotos populum verbo et exemplo assidue informantes". Una conferma indiretta dell’esistenza di questa chiesa fin dal tempo di Francesco è data dall’indulgenza di Nicolò IV sessant’anni dopo la morte del Santo, a chi la visitava insieme al convento.

    All’esterno si possono ammirare due cappelle: in una vi è un affresco di Tiberio d’Assisi datato 1509 raffigurante la Madonna in trono con bambino e quattro santi (1), nell’altra scene tratte dalla vita di S. Antonio Abate. L’interno, cui si accede attraverso un bel portale del XV secolo, offre allo sguardo vari dipinti del ‘600, un affresco di scuola umbra del ‘400, Madonna in trono col Gesù lattante, due angeli e San Francesco. A destra del presbiterio il dipinto ritrae il miracolo di S. Diego- il Santo guarisce un sordo- dal Guardabassi giudicata opera di buona scuola napoletana, mentre da frate Agostino da Stroncone citata come opera di Baldassarre Croce, bolognese, eseguita nel 1607. Nella cappella dedicata a S. Diego si custodisce l’urna con il corpo incorrotto del Beato Vici, patrono di Stroncone, titolo che condivise con San Michele Arcangelo. Non vanno infine dimenticati i paliotti dei quattro altari eseguiti a scagliola, ornati con ricche decorazioni floreali.
     

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    Oratorio di S.Giovanni Decollato

    L’Oratorio di S. Giovanni Decollato, situato a sinistra della porta di ingresso dell’antico Castello di Stroncone, è un autentico gioiello d’arte e architettura. Sede dell’omonima Confraternita, conserva opere di pregevole fattura di Giuseppe Bastiani detto Giuseppino da Macerata. Nelle lunette laterali sono rappresentate quattro storie della vita del Santo: Natività- S. Giovanni nel deserto- Annuncio a Zaccaria- Visita in carcere dei discepoli, mentre il Battesimo campeggia al centro della volta suddivisa in scomparti da cornici in stucco e grottesche interrotte da piccoli paesaggi e cartelle con scritte in latino riferibili al Battista. Bellissima la pala dell’altare maggiore che ne raffigura il martirio, frutto anch’essa del pennello del Bastiani. La testa del Santo martire, su cui inevitabilmente si posano gli occhi dello spettatore, concentra tutto il pathos della raffigurazione. Due altari barocchi e stucchi pregevoli, opera di due autori stronconesi, i fratelli Gregorio e Cristoforo Grimani, completano l’interno di questa chiesa, la più bella, sul piano artistico, della città di Stroncone.

    Per quanto concerne la fabbrica della chiesa non si sa con precisione quando fu iniziata. Dai titoli di uscita registrati nei libri dell’amministrazione, pare sembra che vi si ponesse mano poco dopo la costituzione della Confraternita, giacché vi si leggono diversi acquisti di materiale da costruzione che si protraggono per molti anni, senza però che ne venga mai dichiarato l’uso. In un atto rogato dal notaio Giorgio Giorgi, datato 8 ottobre 1585, leggiamo che Vincenzo Malvetani, governatore della Compagnia della Misericordia, affida a mastro Gregorio Contessa l’incarico di murare tante canne di muro, quante ne vorrà la Compagnia, impegnandosi aa rifornirlo di tutto il materiale occorrente. In un altro istrumento dello stesso notaio, datato 21 agosto 1609 si legge che nella riunione della Confraternita vengono stanziati "pro complemento et perfectione ornamenti eorum ecclesie" 50 scudi. Si ritiene, però, che gli interventi realizzati nel periodo 1560-1590 riguardino soltanto l’ampliamento di un edificio già esistente che, in quegli anni, sarebbe stato arricchito della volta, della sacrestia e delle stanze superiori. Tale tesi è confermata sia in un istrumento del 1557, in cui si ha notizia della nomina di alcuni procuratori avvenuta intus ecclesiam, sia dalle Riformanze dello stesso anno in cui si legge di un ampliamento della chiesa.

    Decorazione del soffitto
    Il Guardabassi, nella Statistica monumentale ed artistica della nostra provincia, parlando di questa chiesa, afferma: La volta è decorata di affreschi imitanti la maniera degli Zuccheri, nel centro: il battesimo del Cristo, nelle lunette: quattro istorie della vita del Battista. Altare maggiore, tela ad olio: il martirio di S. Giovanni, in basso a destra leggesi: OPUS JOSEPH MAC.sis- MDCX. Altare a destra, tela ad olio: S. Antonio con attorno 12 istorie della sua vita; opera che ricorda la scuola spagnuola .

    Nel 1691 qualcosa dovette certamente compromettere la stabilità dell’edificio in quanto nel verbale della riunione della compagnia del 2 febbraio si legge la necessità di effettuare un intervento urgente alla struttura. La causa di tale tempestivo intervento potrebbe essere ricercata nella sopraelevazione dell’edificio- opera realizzata nel precedente lavoro-, il cui peso avrebbe con il tempo provocato problemi di stabilità della struttura. I lavori di consolidamento della chiesa ebbero inizio nel giugno del 1692 e di ciò è possibile averne notizia nel volume 7 dell’Archivio Fraternale, dove sono annotate anche tutte le voci di spesa.

    In nessun registro dell’Archivio si trovano accenni agli affreschi, decorazioni e alla pala d’altare dell’oratorio di S. Giovanni; unico riferimento è del 1775, quando, in occasione della visita pastorale, il vescovo di Narni Celestino affermava che la chiesa di S. Giovanni Decollato, "…quale per ogni conto e per nobiltà e rarità delle pitture e del quadro di esso Santo, merita ogni maggiore attenzione, custodia e polizia, così… ordiniamo ancora che tanto la porta principale che quella laterale, alquanto invecchiate e lacerate siano … riattat ed inverniciate decentemente".

    Nel 1778 fu completamente rifatto il campanile e, nel 1780, si resero necessari interventi vari al tetto. In tale occasione furono chiuse, nelle stanze sottostanti l’oratorio, le due porte poste verso il vicolo, fu aperto l’ingresso verso la fontana e una porta interna di comunicazione fra le stanze stesse. Di ulteriori interventi alla struttura dell’Oratorio si legge anche in altri successivi documenti, ma in realtà si tratta ormai soltanto di piccole modifiche o manutenzioni alla struttura originaria.

     

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