Abbazia San Pietro in Valle
Nel corso dei secoli l'Umbria ha sempre rappresentato un polo d'attrazione per tutti coloro che hanno avuto il privilegio di attraversarne il territorio, ricco di corsi d'acqua ed alte montagne a cui si alternano dolci colline e verdi vallate: è il paesaggio ideale per chiunque sia orientato verso uno stile di vita prettamente ascetico. E' il caso, questo, dei due cugini eremiti Lazzaro e Giovanni che nel 535 si stanziarono proprio in una valle umbra, chiamata Valle Suppegna, seguendo una vita spirituale e nel contempo di estremo sacrificio. Iniziò così a prender vita quella che oggi è conosciuta come Abbazia di San Pietro in Valle, con la costituzione del primo eremo.
Il sito in cui venne avviata l'edificazione è di notevole interesse artistico,storico e
culturale. Esso, infatti, con molta probabilità ospitò precedentemente una villa romana o addirittura un tempio pagano, ma tornando ai due eremiti, il cenobio ebbe come primo Abate Lazzaro, assurto a tale carica dopo la morte del cugino. Infatti, per intercessione del Duca longobardo Farolado I, Lazzaro, ormai solo e disperato, fu pronto ad accogliere nel suo monastero chiunque fosse disposto a condurre una vita monastica, tutta incentrata sulla regola benedettina "ORA ET LABORA", ovvero "PREGA E LAVORA".
Della dinastia longobarda operante a Spoleto, Faroaldo I non fu il solo a prestare
attenzione all'Abbazia di San Pietro in Valle. Nel 720, infatti, fu la volta di Faroaldo II che vi risiedette fino alla sua morte. Ancora oggi il suo corpo è conservato in un sarcofago della chiesa abbaziale posto nel transetto di destra, guardando l'altare, mentre le spoglie di Giovanni e Lazzaro sono collocate sotto l'altare Maggiore, all'interno di due sarcofagi romani sovrapposti.
Nei secoli San Pietro in Valle fu alla guida di un potentissimo feudo la cui protezione era affidata a Spoleto e di conseguenza divenne abbazia commendataria governata da alcune famiglie nobili, fra cui gli Ancaiani di Spoleto. La chiesa, in stile romanico, esternamente è affiancata dalla torre campanaria risalente al XI secolo, che attinge da modelli romani con contaminazioni longobarde e presenta la facciata a capanna, con oculo e portale rinascimentali; all'interno, invece, si presenta ad unica navata e col soffitto a capriate,secondo i dettami dell'architettura basilicale paleocristiana.
La fedeltà del cenobio all'ordine monastico benedettino è chiaramente testimoniato dallo schema della chiesa, la tipica forma a T. In quest'ambiente spiccano alcuni elementi come l'altare, di epoca longobarda: una vera e propria rarità in campo artistico. Anche in ambito pittorico va evidenziata la presenza di singolari affreschi, sia quelli dell'abside centrale, realizzati dal Maestro di Eggi intorno al 1445 e distribuiti in tre registri, che quelli di scuola romana, rintracciabili lungo le pareti della navata della chiesa: essi narrano storie del Vecchio e Nuovo Testamento, ma non è l'aspetto tematico a suscitare interesse quanto l'innovazione apportata dall'ignoto autore, il quale slegandosi dai canoni bizantini (pilastro dell'arte del tempo) anticipa di un secolo e mezzo quella che poi sarebbe stata la regola pittorica dettata in Umbria dal Cavallini. Numerose sono le campagne di restauro che hanno visto protagonista quest'abbazia, una va fatta risalire addirittura alla fine del IX secolo, quando Ottone III e il suo successore Enrico II cercarono in ogni modo di porre rimedio alle devastazioni compiute dai saraceni; l'ultimo restauro risale invece al 1995. Gli storici dell'arte sono tutti concordi nell'assegnare a San Pietro in Valle il sigillo di "unicum" per i reperti storici che gelosamente conserva al proprio interno, di generi ed epoche differenti tra di loro, che vanno dal periodo longobardo a quello rinascimentale ed oltre. Il paesaggio umbro è la prova tangibile di ciò che la mano di Dio è in grado di plasmare, con San Pietro in Valle, poi, ci ha pensato l'uomo a creare l'opera più degna di tale cornice.
Chiesa di Santo Stefano
Edificata nel XVI sec. dalla famiglia Cybo-Malaspina sui resti della precedente chiesa altomedievale. Vi si accede tramite un portale costituito da due colonne terminanti con capitello corinzio e alla base scolpiti su pietra lo stemma dei Cybo e del Capitolo Lateranense. Al suo interno (tipico stile barocco) si può ammirare la cappella di fondo sulla destra, ove è conservato un affresco raffigurante il Presepio opera del pittore Pierino Cesarei nel 1559. Nella cappella di fondo sulla sinistra invece è stato di recente restaurato un affresco raffigurante la Pieta' di Gesù sorretto da Dio con Sant' Antonino in Adorazione.
Nell' abside è posizionata una tela con il Martirio di Santo Stefano opera di Giuseppe Rosi eseguita nel 1759. Di particolare pregio è l' imponente Fonte Battesimale in pietra con scolpiti gli stemmi nobiliari dei principi Cybo.
Museo delle Mummie
La chiesa di Santo Stefano inglobò con le sue fondamenta una chiesa preesistente, che poi fu adibita a Cripta. Nel 1806 con l'emanazione da parte di Napoleone dell' Editto di Saint Cloud, venne ordinato di riesumare i corpi sepolti nelle chiese per metterli in cimiteri al di fuori delle mura. Fu così che durante i lavori di recupero nella cripta di Santo Stefano, vennero alla luce dei corpi perfettamente mummificati. Grazie ad approfonditi studi scientifici si è giunti alla conclusione che la mummificazione avviene per merito delle componenti chimiche presenti nel terreno, il quale essicca completamente le cellule umane lasciando intatti i tessuti. Si possono ammirare ancora oggi, i lineamenti del viso, le orecchie, i capelli, i denti e tutto lo strato cutaneo.
Unico enigma irrisolto è la provenienza del terreno che è stato portato nella cripta come riempimento e che ancora oggi viene analizzato e studiato da numerosi geologi e ricercatori. La leggenda vuole che questo terreno sia stato fatto portare a Ferentillo per volere della famiglia Cybo dalla lontana Terra Santa(A.Moriggia per l'Accademia dei Lincei nel 1887). Non di minor valore sono gli affreschi presenti sulle pareti della cripta, che, a causa dei lavori per l'edificazione della chiesa superiore, risultano compromessi.
Tali affreschi databili tra la fine del 1300 e l'inizio del 1400, sono di pregiata fattura e del tutto simili ad altri affreschi presenti nella chiesa di San Nicola di Monterivoso e nella chiesa di Umbriano. Da alcuni anni è stato allestito all' interno della cripta un vero e proprio Museo visitabile con tour guidati che illustrano le storie e la vita di quei corpi.
Parco Fluviale del Nera
Ente gestore
Comunità Montana Valnerina – via A. Manzoni, 8 – 06046 Norcia – Tel. 0743/828911 - Fax 0743/817566 – email: info@comunitamontanavalnerina.it
Territorio
Compreso nei comuni di Terni, Arrone, Montefranco e Ferentillo.
Superficie
2.300 Ha interamente situati in provincia di Terni.
Asta fluviale
Circa 20 Km, compresa tra il confine tra le province di Terni e Perugia e la Cascata delle Marmore.
Istituzione
Area naturale protetta regionale istituita dal 1995 con legge della Regione dell’Umbria.
Tipologia
Parco fluviale con territorio disposto prevalentemente in senso longitudinale lungo l’asta fluviale ad occupare lo stretto fondovalle montano della Valnerina.
Caratteristiche
Area fortemente antropizzata, con numerose emergenze di valore storico architettonico. Significativa presenza d’insediamenti d’origine medioevale perfettamente inseriti nel contesto paesaggistico. Ambiente fluviale caratterizzato da importanti persistenze di fauna acquatica e vegetazione spondale originarie.
Come si raggiunge
Dall’autostrada del sole uscire al casello di Orte ed inserirsi sul raccordo autostradale Orte-Terni. Arrivati a Terni si segue la S.S. 209 Valnerina in direzione di Visso. Per chi arriva in treno alla stazione di Terni, la zona del Parco è interamente servita dai mezzi pubblici di trasporto della rete cittadina, con l’autostazione adiacente allo scalo ferroviario.
Informazioni
Sede del Parco Fluviale del Nera – via S.Francesco,52 (ex convento di S. Francesco di Arrone) – 05031 Arrone (TR)
tel. : +390744389966 fax +390744389947 - sito web: www.parcodelnera.it
Pieve di Santa Maria
Quest'importantissimo tempio paleocristiano dopo l'ampliamento voluto da Franceschetto Cybo nel 1494, divenne a piante quadrata con tre navate divise da sei colonne a blocchi connessi di cui due ottagonali. La chiesa è orientata giustamente da est (abside) a ovest (portale d'ingresso). Il portale d'ingresso in pietra reca un iscrizione in latino datata 1493 e nella lunetta superiore è dipinta una Madonna con Bambino tra teste cherubiche del XVI sec. All' interno, nell' abside a sette lati, si può osservare una tavola raffigurante una Madonna con Bambino in stile Bizantino del XVI sec (particolare la decorazione minuziosa del mantello del Bambino). Le cappelle laterali aperte successivamente nel 1532 racchiudono inestimabili opere artistiche rinascimentali come le Vergini Martiri e Sant'Antonio Abate del 1543, opere del famosissimo pittore di Giuliana Jacopo Siculo (1490 1544). Nell' affresco di Sant'Antonio Abate recentemente restaurato è degna di nota l'enigmatica frase scritta sul libro tenuto in mano dal santo:”NON EST HIC LOCUS IDONEUS NISI AMATORIB HUIUS SECULI PROPTEREA FUGIAMUS A FACIE HUD CUPIDITATIS”.
Altro particolare dell'affresco è la raffigurazione delle prove di Sant'Antonio, in cui si vede una strega alata e due diavoli che picchiano il Santo. Di notevole pregio il Miracolo di San Tommaso del pittore locale Piermatteo Piergili (allievo del Siculo) e altri affreschi come la Santa Lucia del pilastro destro, l'Annunciazione e Dio Padre in Trono tra gli angeli sull'arco trionfante, realizzati da Orlando Merlini sul finire del XV sec. Interessante è il recente studio dei simboli scolpiti sulle colonne delle cappelle laterali (croci patenti e simboli alchemici) che riconducono la chiesa di Santa Maria all' Ordine dei Cavalieri Templari. La fonte battesimale in marmo bianco, posta all'ingresso della chiesa presenta un iscrizione rituale e nel fregio del frontone conserva una tela a forma triangolare raffigurante San Giovanni Battista. Esternamente l'imponente campanile a guglia del XV sec. conserva la campana in bronzo più grande della Valnerina sulla quale è riportata la storia della sua distruzione nel 1797 ad opera delle truppe rivoluzionarie napoleoniche. Oggi come allora le campane di Santa Maria e di tutte le altre chiese Ferentillesi, risuonano per le vie del paese grazie alla Confraternita dei Campanari che sotto l'attenta guida del Priore Leo Cirillo scandiscono melodiose armonie e rinterzi nei giorni di festa.
Rocca di Matterella
Tra i due nuclei abitativi che costituiscono il paese di Ferentillo, il più antico è sicuramente la Matterella (come si enuncia dal nome Mater-illa) risalente al 1200 circa. Il borgo originario, di impostazione altomedievale, si adatta perfettamente alla costa rocciosa e scoscesa de il Monte formando un insieme di case in pietra tutte collegate tra loro mediante strette vie gradinate che seguono la tormentata morfologia della montagna. Nella parte più alta della Matterella è impossibile non notare l'imponente castello “Rocca” che insieme a quello di Precetto aveva la precisa funzione di guardia e di difesa della viabilità che, in corrispondenza della gola del Nera si articolava in tre direttrici principali:verso Spoleto, verso Norcia (alta valnerina) e verso il Salto del Cieco (confine con il Regno di Napoli). Il castello è raggiungibile passando per le vie del paese e per i bellissimi terrazzamenti fatti con pietre murate a secco, dove ancora oggi vengono coltivati ulivi autoctoni. All' interno del borgo di notevole interesse è la chiesa di San Giovanni Battista nata contemporaneamente al castello per far pregare le genti che lo abitavano. Tra l' XII e XIV sec. le abitazioni si sono cominciate a sviluppare verso la base del pendio intorno alla Pieve di Santa Maria divenuta la chiesa principale del territorio ferentillese.
Rocca di Precetto
Il Precetto nasce intorno al XII sec. nettamente arroccato sul pendio di Monte Sant' Angelo; la parte più antica ancora oggi rimane circondata dal fitto bosco e dalle mura difensive che racchiudono il borgo in un triangolo al cui vertice si erge la torre di avvistamento che per motivi logistici è a pianta pentagonale. Nella parte interna alle mura, subito sotto la torre pentagonale, si possono ammirare gli antichi terrazzamenti con degli ulivi ancora oggi coltivati. Lo schema semicircolare con cui sono disposte le abitazioni in pietra tutte collegate tra loro si adatta perfettamente alla conformità della roccia, creando un unico corpo attraversato solamente dalle numerose vie gradinate percorribili a piedi che giungono fino alla torre. Anche il Precetto come la Matterella intorno al XVI sec. si è cominciato a sviluppare verso la pianura costruendo abitazioni in parallelo tanto da formare un vialetto detto “il borgo”. In questa nuova parte del Precetto nel 1702 fù ricostruita a cura di Odoardo Cybo come inciso sulla lapide nella controfacciata, la Chiesa della Madonna del Gonfalone. Al suo interno è conservata una tela raffigurante L'Immacolata e Due Santi, dipinto di gusto Marattesco proveniente dalla Cappella dei Principi di Umbriano del XVI sec. Sull' altare Maggiore è presente un' dipinto su tavola della Madonna del Gonfalone del
XVII sec.